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  • Tomacelli TunEditor

Guardarsi indietro aiuta a guardare il futuro negli occhi. (intervista)

Aggiornamento: 20 mag 2019

(IndieDischi.it) Abbiamo incontrato Fabio Di Ranno e Fabio Fraschini, autori, musicisti e producer, che con il progetto MILANO 84 sviluppano un concept che nasce dal desiderio di manipolare il pop degli anni 80 per portarlo nel pop di oggi e vedere l’effetto che fa.

FDR: Fabio Di Ranno

FF: Fabio Fraschini

1.Parlateci del vostro ultimo lavoro. Cosa vi ha ispirato nella composizione?

FDR: Milano 84 è un pop concept che nasce dalla nostra comune passione per gli 80, musica e immagini. “Play”, il singolo, è il pezzo più recente del progetto, e – diversamente dagli altri, che hanno i testi in inglese – è venuto fuori in italiano, voce e piano, romantico come lo si era negli 80’s. Sulla song così impostata abbiamo lavorato poi coi suoni e gli arrangiamenti che hanno seguito il mood guida del concept: prendere gli ottanta (soprattutto italiani), lanciarli nel futuro e vedere l’effetto che fa. A impreziosire il tutto, la voce di Laura Serra e il videoclip, realizzato in tandem con Ferdinando D’Urbano.



2.Quali sono le vostre principali influenze?

FDR: Il pop quando sa essere rivelatore di qualcosa diventa rivoluzionario. L’immaginario visivo e narrativo degli 80’s sicuramente lo è stato. Noi giochiamo soprattutto con alcune iconicità trasversali degli 80 italiani, avvicinandole al gusto contemporaneo. Non per nostalgia, ma perché nel passato si nascondono quei canoni estetici che oggi scopriamo nuovi. Musica, cinema, arte, design, letteratura, in Milano 84 c’è tutto quello che ci piace, ci diverte, ci emoziona. Un po’è anche un’attitudine: guardarsi indietro, capire da dove veniamo, aiuta a guardare il futuro negli occhi.

3.Come nascono i vostri brani?

FF: Nascono a volte da una semplice bozza che può essere un giro di basso e drum machine che poi sviluppiamo fino ad arrivare alla song definitiva, altre volte si parte dal brano praticamente finito, ad esempio scritto al piano, che poi arrangiamo e modifichiamo insieme.

4.In un mondo sempre più incentrato sul web, cosa conta di più tra una pagina Facebook con tanti like o un buon disco?

FDR: Vedremo se quanto verrà prodotto nell’epoca dei social, del web e del digitale sarà capace di essere così potente da durare nel tempo e influenzare quello che verrà. Nell’attesa, Milano 84 è ben felice di sintetizzare le emozioni degli ottanta per farle proprie e riproporle in una veste aggiornata e attuale, pronte a farci battere forte il cuore. Ancora una volta.

5.Vi riconoscete nella definizione di artisti indie?

FF: Dipende dal significato che attribuiamo al termine. Milano 84 è un progetto totalmente indipendente: è stato pensato, suonato, programmato, registrato e lo stiamo promuovendo in totale autonomia. Se poi ci riferiamo a “indie” come a un genere musicale mi sento di dire che ci sono gruppi che hanno assorbito la lezione degli anni ’80 nel loro sound mentre noi la riproponiamo in maniera più “spavalda”.

6.Cosa ne pensate dell’attuale music business?

FF: Difficile parlare di “business” per chi come noi ha vissuto periodi in cui la musica aveva un riscontro importante di mercato. Oggi tutto si muove attraverso i social, “i follower”, i “like” con i quali si può comunque trovare il modo di monetizzare. Il fatto grave, secondo me, è che finiscono con il prevaricare strategie di social marketing rispetto al valore intrinseco del prodotto musicale.

7.Credete che le nuove tecnologie aiutino il rapporto tra musicisti e pubblico o che abbiano distanziato gli uni dagli altri?

FDR: Oggi è possibile arrivare ad un pubblico affine in maniera molto più precisa rispetto a quello che accadeva tempo fa, e in questo le nuove tecnologie sono fondamentali. Stabilire poi un rapporto diretto col proprio pubblico aiuta chi fa musica, è stimolante e permette di capire se davvero tutto è ben centrato, a fuoco, ed arriva come dovrebbe.

8.Qual è a vostro giudizio il confine tra indie e mainstream?

FDR: La musica italiana degli ottanta ha visto artisti mainstream che avevano grandi possibilità di sperimentare e innovare. Amiamo Battiato, Krisma, Alexander Robotnick, Garbo, Matia Bazar, capaci di riformulare il pop, lasciare il segno, conciliare stile italiano e tendenze europee. Anche Gazebo, the king of italo disco, era un “indie” che se la giocava nelle chart internazionali coi nomi più importanti. Oggi il mainstream va sul sicuro, pesca dall’indie e rilancia quando il grosso dell’investimento – in termini artistici – è maturo e testato.

9.Cosa pensate del Crowdfunding? Lo ritenete un mezzo veramente utile per i musicisti?

FF: Con la crisi della discografia e del ruolo che ricopriva è uno strumento certamente utile. È una forma di finanziamento che, tra l’altro, sfuggendo al controllo di un produttore esecutivo permette all’artista di realizzare la sua musica in totale libertà, esattamente come l’aveva concepita. Il rischio è che rimanga una cosa tra fans-amici e che non si abbia poi la forza economica per estendere la diffusione del proprio lavoro a una cerchia più ampia.

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